L’immagine corporea: un dialogo circolare tra stati emotivi interni, pensieri e percezioni

L’immagine corporea, che molti erroneamente fanno coincidere con l’aspetto fisico, è in realtà un vero e proprio organo della psiche, che svolge funzioni fondamentali.

Nei confronti della nostra immagine nutriamo sempre una serie di sentimenti che contribuiscono a dare forma all’immagine stessa!

L’immagine corporea è la rappresentazione che abbiamo di noi stessi, ossia l’immagine del nostro corpo che ci formiamo con la mente circa la forma, la dimensione, la taglia del nostro corpo e i sentimenti che proviamo rispetto a queste caratteristiche.

Essendo costruita nel cervello l’immagine corporea è sottoposta continuamente ad un collaudo volto a rilevare ed eliminare le discrepanze tra quanto percepito –allo specchio– e le rappresentazioni mentali interiorizzate, tra i sentimenti verso di esso e i feedback che le altre persone ci rimandano.

L’immagine corporea è sempre legata ad uno stato emotivo che la rende positiva o negativa

Percepire il proprio corpo come affaticabile o prestante, resistente alle malattie o vulnerabile, stabile o in trasformazione, giovane o vecchio, ha implicazioni profonde che vanno molto oltre il concetto della bellezza e dell’apparire.

Nei confronti del corpo, o di parti di esso, si può sentire ammirazione, svalutazione, rabbia, tristezza, compassione, felicità, disgusto, euforia, rifiuto, ecc. Le differenze sono sostanziali! Proviamo ad identificarci per un momento con questi sentimenti…

Sperimentare una costellazione di stati emotivi piuttosto che un’altra porta ad adottare comportamenti molto differenti tra loro (curare l’alimentazione e l’attività fisica, trattamenti estetici, chirurgici, prendersi cura o al contrario trascurare il proprio corpo) e questi a loro volta avranno delle conseguenze sui giudizi che attribuiremo a noi stessi e alle nostre esperienze. In questo senso, possiamo considerare l’immagine corporea come un processo continuo di costruzione e determinazione di tipo circolare.

Una immagine di Sé positiva -che non necessariamente corrisponde al concetto di bello- implica accettazione ed integrazione dell’identità,  alta autostima e senso di efficacia; senza una sicurezza di base, affrontare le relazioni con gli altri e trarre soddisfazione dalla propria esistenza diventa faticoso.

Quando è negativa invece, o peggio gravemente alterata, le conseguenze possono essere diverse; in certi casi la situazione può diventare estremamente seria. E’ il caso dei disturbi alimentari –anoressia nervosa, bulimia, ortoressia, binge eating- e dei disturbi dell’immagine corporea –dismorfofobia, vigoressia-. In più i problemi con la propria immagine non rimangono confinati a questa ma possono portare a una quantità di sintomi e manifestazioni di portata più ampia -ansia, depressione, condotte ossessive, abuso di sostanze.

Da cosa dipende un’immagine corporea positiva/negativa?

La costruzione della propria immagine deriva da un insieme di fattori neurologici, psicologici e socio-culturali.

Aspetti neurologici: il sistema nervoso (centrale e periferico) risulta (ovviamente) coinvolto in maniera complessa nella formazione dell’immagine corporea. Alcune evidenze suggeriscono che certe aree del cervello potrebbero mediare alcune manifestazioni tipiche:

  • insula, amigdala e giro superiore -aree celesti/blu (che mediano le reazioni di disgusto e di avversione legate alle percezioni psicologo_frosinone_maurobruni_sistema limbicovisive);
  • corteccia occipitale dorsale -area viola (se disfunzionale, potrebbe dare origine a distorsioni della percezione dei volti e del corpo);
  • corteccia prefrontale ventro-mediale (se disfunzionale, potrebbe dare origine all’incapacità di inibire reazioni di disgusto e di ansia derivate da difetti corporei percepiti);
  • giro paraippocampale destro -in blu (se disfunzionale, potrebbe dare origine ad incongrue autovalutazioni circa il proprio aspetto, distorsioni interpretative e idee di riferimento).

 

Aspetti psicologici: l’immagine corporea inizia a formarsi molto precocemente nel bambino in interazione con la madre: in maniera molto semplificata, la manipolazione del corpo del bambino da origine a percezioni particolari (propiocezioni) che vengono integrate in schemi corporei coerenti a cui via via le varie tappe dello sviluppo aggiungeranno significato. E’ stato dimostrato che uno scarso contatto fisico con il genitore porta a tutta una serie di problematiche tra cui un’immagine corporea alterata è soltanto una tra tante.

In seguito, esperienze negative e umiliazioni subite per l’aspetto fisico durante l’infanzia e l’adolescenza possono lasciare una traccia “emotiva” e mnestica in grado di condizionare il giudizio sulla propria immagine.

Anche familiari o amici che tengono molto in considerazione “l’apparire”, o genitori che da sempre hanno mostrato sottili preferenze a favore di un fratello o una sorella, sono elementi che si ritrovano nelle persone che presentano disturbi dell’immagine corporea.

Aspetti socio-culturali: diffusamente, il concetto di magrezza viene apprezzato perché associato ad un migliore stato di salute. E’ stato trovato inoltre che un corpo magro risulta essere immediatamente  più attraente agli occhi di un osservatore poiché il cervello associa automaticamente la magrezza ad una maggiore giovinezzasi tratta di un meccanismo arcaico di conservazione della specie dove partner sessuali più giovani vengono preferiti perché garantiscono statisticamente una prole migliore.

Nel nostro quotidiano, soprattutto nei paesi a maggior sviluppo, l’epifenomeno di questa traccia arcaica, istintiva, che risulta ancora attiva (e lo sarà sempre), diventa la ricerca incessante di un corpo perfetto, spesso di una magrezza esasperata. Non mancano casi dove la vigoressia (opposta all’anoressia) rivela atteggiamenti ugualmente dannosi e distorsioni importanti dell’immagine corporea.

I mezzi di comunicazione di massa promuovono una magrezza esaltata incoraggiando (soprattutto nel sesso femminile) standard irrealistici di bellezza.  Certe forme e proporzioni immediatamente associate ad altre caratteristiche positive come felicità e successo, una volta interiorizzate comportano una insoddisfazione cronica verso il proprio corpo. Tuttavia, patologie importanti, ad esempio l’anoressia nervosa, si sviluppano solamente in concomitanza di una serie di fattori genetici e psicologici inerenti l’ambiente familiare in cui i bambini crescono.

vigressia e anoressia sono due facce della stessa medaglia
vigoressia e anoressia sono due facce della stessa medaglia e testimoniano la ricerca di un benessere “interiore” tramite l’esasperazione del corpo.

Le soluzioni “tentate”…e fallite!

Oggi si spinge molto sull’alimentazione, sull’esercizio fisico e sempre più spesso si ricorre alla chirurgia estetica. Molto spesso rappresentano tentativi di risoluzione di un conflitto con una parte di Sé stessi che non si risolve praticamente mai attraverso questi mezzi.

Il pericolo che i comportamenti restrittivi, le pratiche ossessive e l’attenzione continua rivolta al proprio corpo possano sfuggire al controllo e trasformarsi in un disturbo (frequentemente di tipo alimentare), è concreto.

Combattere il proprio corpo per forzarlo a diventare qualcos’altro, invece che “prendersene cura” e accettarlo, e al contempo dimenticarsi di costruire altri aspetti fondamentali della propria persona, denuncia l’esistenza di un problema a livello dell’immagine corporea.

La soluzione?

Come sempre aumentare la comprensione dei propri stati interni (cosa sento in relazione a determinati pensieri e cosa faccio in rapporto a tutto questo) è un ottimo inizio.

Si è parlato di magrezza, ma tutto ciò ovviamente vale anche per l’obesità: buttarsi sul cibo perché si è insoddisfatti di sé stessi porterà solo a percepirsi in maniera sempre più frustrante.

Quando ritenete sia il caso, smettete con le diete e il conteggio delle calorie e rivolgete le vostre attenzioni alla psicologia del benessere.

 

 

 

Risorse

Immagine corporea: definizioni e fattori determinanti

L’immagine corporea & il rapporto col proprio corpo – Introduzione alla Psicologia nr. 39

 

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